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- Che cosa ha fatto il nazismo alla psicoanalisi
Il titolo di questo denso e importante lavoro di Laurence Kahn non è una domanda: il nazismo ha fatto molto alla psicoanalisi e con effetti di lunga durata. Effetti che sono andati oltre il rogo delle opere di Freud, oltre la partecipazione di alcuni analisti tedeschi alla politica di arianizzazione portata avanti da Matthias Göring con la creazione, nel 1936, dell’Istituto di psicologia e psicoterapia presieduto da Carl G. Jung, oltre l’esilio di numerosissimi psicoanalisti viennesi e tedeschi soprattutto verso paesi anglofoni, oltre l’assassinio di molti di essi in quanto oppositori del regime o ebrei.
Come Kahn dimostra attraverso un meticoloso e, al tempo stesso, avvincente lavoro di ricostruzione, anche documentale, ciò che il nazismo e la “nazificazione” della cultura hanno fatto alla psicoanalisi è un gioco di azione e reazione che attraversa innanzitutto il terreno fondamentale del linguaggio. La rigorosa argomentazione di tutte le pagine di questo libro rende infatti evidente – ora anche al lettore italiano – in che misura la perversione linguistica che ha permesso l’assassinio di massa abbia segnato in maniera profonda la ricezione dell’eredità freudiana.
Associando alla propria esperienza di psicoanalista da sempre attenta alla cultura e ai suoi paradossi la conoscenza dettagliata di autori come Adorno, Mann e Kertész, rileggendo insieme a questi suoi riferimenti passaggi del Mein Kampf difficili da tollerare senza una mediazione, Laurence Kahn invita a riconoscere in parole, concetti, teorie, filoni di ricerca e finanche propensioni terapeutiche, le tracce profonde di “che cosa ha fatto il nazismo alla psicoanalisi”.