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- La dimensione estetica nella clinica
Che cosa c'è oltre la parola che possa avere una funzione nella cura e nel cambiamento dei nostri pazienti? Sono passati 120 anni da quando Anna O., definì talking cure la sua terapia con Breuer. Freud non ha mai modificato questa felice espressione, che è rimasta una metafora fondante della psicoanalisi. Da allora la talking cure è stata declinata come cura "attraverso la parola" e come cura della parola, talking care, lasciando la verbalizzazione come mezzo e insieme fine della terapia. L'idea che tutto deve ruotare intorno alla parola è rimasta centrale e il paradigma narrativo si è attestato al centro del "campo" e ha finito per coincidere con le sue trasformazioni narrative. Da questo modello rimane però fuori il non detto, il dolore irrappresentabile, e tutti gli aspetti non riconducibili al conflitto, che invece sono gli elementi portanti delle patologie gravi. Diversamente è fin troppo attuale una deriva di tecniche a mediazione corporea, comportamentali, energetiche, biodinamiche, in cui è difficile orientarsi e distinguere la manipolazione dalla efficacia terapeutica. Freud non è riuscito a pensare l'emotività come il vero motore della sostanza della vita mentale, a sviluppare una teoria in grado di integrare l'importanza dell'altro e della realtà in un modello relazionale della mente. Questo passaggio ha richiesto gli apporti di Winnicott, Bion, Gilliéron, in cui la talking cure è diventata sempre più una cura attraverso la parola e una relazione significativa, in cui la salute mentale e lo sviluppo della mente avvengono attraverso la qualità della relazione intima, tra analista e paziente, bambino e caregiver. Per Bion l'emozione è il significato dell'esperienza, che va capita e con la quale dobbiamo restare in contatto perché la mente possa svilupparsi. Meltzer chiama "livello estetico dell'esperienza" questo strato profondo dei rapporti intimi passionali. Questo testo raccoglie i lavori di un convegno che senza la pretesa di esplorare tutti questi aspetti, ha cercato di interrogarsi sulla possibilità di individuare una dimensione specifica che caratterizzi insieme il fare clinico e la riflessione teorica di una cura che possa raggiungere gli strati più profondi e feriti del paziente.