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per un discorso taciuto
Maledetto, demonizzato, banalizzato, medicalizzato, circoscritto alla sola capacità riproduttiva, il sangue mestruale, evento iniziatico che segna in modo inequivocabile l’appartenenza al genere femminile, è stato letto nel corso del divenire della cultura patriarcale come un’ulteriore stigmate, atta a rafforzare il tema dell’inferiorità della donna. Un gruppo di studiose, storiche, psicoanaliste, endocrinologhe, artiste, affronta da varie prospettive questo tema per riportare in vita il senso di un’esperienza psico-corporea ignorata e taciuta nella sua valenza fondativa della soggettività femminile; esperienza nominata, anche dalle donne stesse, attraverso metafore allusive che non fanno che ribadirne la rimozione.
La questione della donna come soggetto della propria esistenza è oggi di pregnante attualità a causa della violenza, psicologica e fisica, che occupa quasi ogni giorno le cronache: parlare del sangue, nominarlo, ricondurlo al suo valore di marcatore di un’identità diversamente sessuata e significante, contribuisce, secondo le autrici, a definire i parametri di una soggettività, quella delle donne, tutt’oggi a rischio.