Comunità per minori

Gli autori
Puliatti Maria

Puliatti Maria

Psicologa, sessuologa, psicoterapeuta

Quando il Tribunale dei Minori decreta il loro allontanamento dalla famiglia, le Comunità assumono un ruolo determinante; che siano di tipo familiare, psicoeducative etc. il loro compito è offrire un ambiente protettivo, al fine di promuovere e supportare l’assolvimento dei compiti evolutivi, quando la famiglia non è, temporaneamente o definitivamente, nelle condizioni di poterlo fare. La presa in carico dei minori, viene effettuata attraverso la figura dell’educatore professionale, che si assume quotidianamente il rischio e la responsabilità di porsi come adulto significativo: “una base sicura che accoglie i vissuti dei minori e che è in grado di contenerli”. All’interno di questo quadro, gli educatori si ritrovano a dover affrontare diverse criticità:
1. Problematiche emotive legate al minore: i vissuti dei minori sono, spesso, di profonda ambivalenza, rabbia, paura e angoscia; inoltre il livello di vicinanza e contatto continuo da parte degli educatori, determinano un intenso coinvolgimento emotivo e affettivo.
2. Problematiche organizzative: gli interventi educativi risentono, molto frequentemente, di un’articolazione del lavoro che pone gli educatori/operatori nelle condizioni di ricoprire molteplici funzioni operative, determinando un’atmosfera di confusione e indeterminatezza.
3. Problematiche legate alla tipologia di minore: minori con vissuti post traumatici, legati ad abusi e maltrattamento, spesso, vengono assegnati a Comunità che non sono adeguatamente formate per gestire le conseguenze emotive di tali eventi.
4. Problematiche legate a percorsi formativi carenti e/o assenza di supervisione: si possono riscontrare, spesso, carenze conoscitive da parte degli educatori che non conoscono gli effetti che il trauma possa avere su un minore, non conoscono-riconoscono aspetti legati a tematiche dell’attaccamento e difficoltà di apprendimento. Si tratta di una situazione imputabile probabilmente a più fattori, come ad esempio: una normativa piuttosto generica che regola la formazione; la frequentazione di aggiornamenti generici, che non rispecchiano le esigenze del target con il quale si opera; mancanza e/o carenza di fondi per l’aggiornamento messi a disposizione dalle Comunità. Questi elementi, insieme ad altri, trattati all’interno del testo, rappresentano per gli educatori un fattore di rischio di burnout. Gli educatori, infatti, possono percepirsi inadeguati, frustrati, troppo coinvolti a causa della mancanza di confini emotivi e relazionali e di adeguate competenze per gestire i vissuti, anche traumatici, dei minori. Alla luce di questi elementi, la formazione e la supervisione degli educatori, dovrebbero assumere un ruolo importante sia come fattore di prevenzione sia come promozione di interventi specifici efficaci con i minori. Partendo da queste criticità, il libro si propone di “educare gli educatori”, nell’approfondimento di alcuni aspetti utili per migliorare il loro lavoro, inquadrando adeguatamente le difficoltà del minore e gestendo le proprie difficoltà in relazione ad esso.
Il libro ha un taglio teorico-pratico, può essere un utile strumento per i formatori e supervisori che lavorano in questo ambito, ma è rivolto anche a psicologi, educatori, pedagogisti e coordinatori di comunità.

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