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L’affermarsi e il diffondersi a livello nazionale di modelli di psichiatria di comunità e una sempre più accentuata pratica clinica volta a tutelare la salute mentale dei cittadini nel territorio di residenza e a ridurre interventi custodialistici e istituzionalizzanti ha profondamente modificato responsabilità dello psichiatra e dell’operatore della salute mentale nella pratica clinica quotidiana.
Tutti i professionisti che operano per la tutela della salute mentale devono essere dotati di un corpo distinto di conoscenze, abilità e attitudini dedicati alla prevenzione, al trattamento e alla riabilitazione dei disturbi mentali. Queste competenze devono essere messe in opera nel modo più appropriato e tempestivo possibile.
Chi opera nella tutela della salute mentale deve essere in grado di valutare pensieri e comportamenti delle persone affette da disturbi mentali, ai fini di poter fornire ascolto, accoglienza, supporto e contenimento ai pazienti e alle loro famiglie.
In ambito psichiatrico, pur riconoscendo l’opera ed il valore del singolo operatore, quale che sia la sua professionalità, si è valorizzata sempre più, negli ultimi anni, per il raggiungimento di un risultato favorevole per il paziente, l’attività di una intera equipe spesso di tipo pluridisciplinare.
Infatti l’identificazione e la conseguente chiamata in giudizio dell’operatore della salute mentale con compiti di direzione o di responsabilità organizzativa, cui è certamente affidata la responsabilità della conduzione del percorso di cura del paziente, non impedisce di dover procedere ad individuare i singoli componenti dell’equipe, spesso protagonisti di tappe significative del percorso di cura, e valutare le loro eventuali concorrenti responsabilità. È noto come la materia sia regolata dal principio dell’affidamento, in base al quale ciascun componente dell’equipe risponde nell’ambito della propria specifica mansione, con la conseguenza che ogni operatore coinvolto nella relazione di cura possa confidare che ciascuno si comporti adottando le regole cliniche, organizzative ed etiche che normalmente andrebbero rispettate nella pratica clinica quotidiana. Permane però l’obbligo dei vari componenti dell’equipe di attivarsi per integrare o correggere l’operato altrui in caso di necessità per carente o errata condotta altrui.
Ciò vale nel caso in cui i componenti dell’equipe, facendo capo a discipline diverse, godano di una propria autonomia derivante dalla specificità di quella particolare disciplina medica. Nell’ipotesi, invece, di vari componenti di una equipe della stessa specialità ma di diverso livello gerarchico, il capo equipe che affida un incarico ad altro operatore conserva l’obbligo della sorveglianza del singolo componente dell’equipe stessa, sia esso medico o paramedico, con eventuali profili di responsabilità che si possono configurare in una colpa in vigilando per errata scelta o per carente vigilanza.