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La voce e la parola di Anna Maria Galdo
Inattuale e futurista, Anna Maria Galdo è stata una psicoanalista dallo sguardo lieve e profondo sulle cose del mondo. Il suo pensiero, mai banale, è piuttosto una pratica del pensiero, condizione che ha che fare con l’ascolto dove l’incessante apertura alla perdita e la messa a rischio delle certezze avviano un continuo movimento di conoscenza. Il genoma della Galdo, la sua eredità, esprime appieno il divenire contenuto nell’etimologia della parola. Anna Maria per pensare ha bisogno di un interlocutore che colloca in un luogo d’instabilità e disagio, abitato dalla domanda e pabulum per ri-creare, pur nell’alveo della tradizione, nuova psicoanalisi. Se la stabilità di un genoma è messa in tensione da perdite e mutazioni, tuttavia garanti di evoluzione e adattamento, la profonda solidità statuaria di Anna Maria permane nei nostri occhi accanto alla caduca levità del suo pensiero.
Anna Maria scrive poesie lì dove la parola incarna la posizione in caduta e luttuosa della conoscenza, effimera e dolorosa come la pioggia che cade sulla terra scura a primavera (Rilke, Decima Elegia in Fachinelli E., Su Freud).
Il ritratto della Galdo emerge dalla voce dell’altro: colleghi, amici e allievi ciascuno portatore, nel proprio genoma, di un suo ricciolo dubbioso.