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- Allenare le emozioni nello sport
La via bottom-up
Negli ultimi anni, nel panorama della psicologia “applicata” allo sport, si è registrato un crescente fiorire di tecniche e metodologie finalizzate allo sviluppo della performance dell’atleta le quali, essendo spesso poco calibrate in funzione delle sue specifiche e individuali caratteristiche, hanno amplificato una visione fortemente centrata sul potenziamento indifferenziato della prestazione.
Si è così registrato un grande impegno mirato ad allenare le abilità di concentrazione, visualizzazione e resistenza rispetto alle minaccianti emozioni di ansia o cedimento “sotto pressione”, dedicando molta meno attenzione allo sviluppo di altrettanto importanti capacità come quella del saper riconoscere le proprie emozioni anche attraverso quello che è identificabile come “il linguaggio del corpo”.
Numerosi contributi, tra cui in particolare quelli derivanti dalle neuroscienze, ci indirizzano infatti in maniera inequivocabile verso una prospettiva che tende al superamento di concezioni troppo “parcellizzate” dell’atleta, stimolando l’adozione di una visione nella quale l’integrazione delle risorse e dei linguaggi diventa elemento fondamentale per lo sviluppo dell’individuo e, quindi, dell’individuo che pratica sport.
Un elemento centrale per il realizzarsi di questo processo riguarda lo spostamento del “focus” dell’attenzione anche su quella che possiamo definire la “consapevolezza del Sé psicocorporeo”, spostamento in grado di determinare numerose concrete ricadute sui modi di concepire i diversi training di preparazione e allenamento dell’uomo-atleta.