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- Edoardo Weiss a Trieste con Freud
Questo libro racconta gli anni triestini di Edoardo Weiss, il fondatore della psicoanalisi italiana. È un periodo in cui le vicende private e professionali del protagonista si intrecciano con una fase di straordinari sovvertimenti storici. Terminata la sua formazione medica all’università di Vienna e diventato psicoanalista sotto la guida di Sigmund Freud e di Paul Federn, alla fine della Grande Guerra il giovane Weiss rientra a Trieste, dove viene subito assunto come “medico secondario” nel locale frenocomio. Vi lavorerà per circa un decennio, lasciando ampie testimonianze della sua attività clinica. Nel contempo, Weiss si dedica ad introdurre la novella scienza psicoanalitica nel contesto cittadino, operando in stretto contatto epistolare con Freud e con Federn. Tuttavia, l’euforia psicoanalitica che infiamma gli animi degli intellettuali riuniti nei caffè non cattura l’enclave medica e psichiatrica locale, e l’iniziale apostolato si scontra con ostacoli e incontra cocenti delusioni.
L’autrice si è avventurata in una lunga e appassionata ricerca di documenti inediti d’archivio e delle cartelle psichiatriche originali, che l’ha condotta a esplorare zone buie e sfocate della biografia weissiana e di quell’epoca tanto travagliata.
Spiccano le vicende emblematiche di due artisti triestini, il grande pittore ebreo Arturo Nathan, paziente “eccellente” di Edoardo Weiss, e lo sloveno Vladimir Bartol, letterato di fama e, a sua volta, psicoanalista. La disamina degli archivi manicomiali ha infine consentito di rintracciare la cartella di Bruno Veneziani, lo sfortunato cognato di Italo Svevo.
Questo libro parla di un giovane uomo e del suo tenace sforzo di battersi per un’idea. Di un uomo a tratti fragile e sofferente, ma capace di creare futuro.