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- Il processo di cura in psicoterapia psicoanalitica
Il lavoro psicoterapeutico non può prescindere dalla “capacità di osare” (Baranger, 1961) e da una costante riflessione clinica sui microprocessi che qualificano e caratterizzano lo spazio e il tempo analitico come dimensioni che scandiscono un tragitto in continuo equilibrio dinamico, una strada creativa ed unica nel momento in cui si accettano i limiti del conformismo teorico che mal si adatta alla complessità dell’esistenza e dell’esperienza intersoggettiva (De Blasi, Di Sauro, 2008). L’osservazione, l’ascolto e l’attenzione analitica devono quindi rispettare quegli elementi che in psicoterapia si presentano come un “terzo intersoggettivo” o come un “momento presente”, in qualità di emblemi e spie della dinamica che si gioca sul piano transferale e controtransferale e che, se adeguatamente interpretata, dà il senso di quanto il processo di cura e di cambiamento si svolga in un campo mai radicalmente predefinito, dove “inizio”, “durata” e “fine” presuppongono il concetto sistemico di complessità e non possono essere circoscritti ad un paradigma epigenetico. Il “complesso” non diventa “complicato” nel momento in cui la teoria della tecnica che fonda il modello psicologico/clinico si abbandona al valore potenziale della “capacità negativa”, della consapevolezza nella necessità di esplorare con genuina creatività i naturali limiti conoscitivi dello psicoterapeuta e della psicoterapia.